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Più diritti ai rider anche se autonomi, il Ministero fissa le regole


Nei giorni successivi al tavolo tecnico-politico tenutosi il 9 aprile al Ministero del Lavoro, è stato diffuso un documento interpretativo che fa chiarezza, almeno parziale, sulla posizione del Governo rispetto al lavoro tramite piattaforme digitali. Un tema centrale in vista del recepimento della Direttiva Ue 2024/2831, che punta a combattere il fenomeno del lavoro autonomo fittizio.

La nota ministeriale riguarda in particolare i ciclofattorini e gli altri lavoratori impiegati dalle piattaforme, ma si estende all’intero perimetro del lavoro digitale, chiarendo alcuni principi chiave e prefigurando un possibile intervento normativo o interpretativo. Ma le parti sociali, che avevano sollecitato il confronto, lamentano l’assenza di un dialogo strutturato.

Tutele anche per chi non è dipendente

Il documento ufficiale pubblicato dopo il tavolo del 9 aprile, sebbene non abbia valore normativo, rappresenta un primo passo nel processo di recepimento della Direttiva europea. Il Ministero sottolinea che il lavoro su piattaforma non può essere ridotto alla sola figura del rider e riconosce la pluralità dei modelli contrattuali esistenti, da quello subordinato a forme autonome più o meno genuine.

Il punto centrale è il richiamo alla realtà fattuale del rapporto di lavoro, che dovrebbe prevalere sulla forma contrattuale dichiarata. La nota afferma inoltre che, nei casi ambigui, si potrebbe fare riferimento alla presunzione legale di subordinazione, già prevista dalla Direttiva Ue, in fase di recepimento entro dicembre 2026.

Ma soprattutto, il documento ribadisce che le tutele minime vanno garantite anche ai lavoratori formalmente autonomi, qualora dipendano in modo sostanziale dalla piattaforma digitale. In questo senso, il Ministero apre alla possibilità di strumenti interpretativi a legislazione vigente per anticipare la riforma e fornire indirizzi applicativi alla luce della giurisprudenza consolidata.

Il tavolo del 9 aprile: un confronto mancato

Nei giorni successivi al tavolo del 9 aprile, il Ministero ha quindi diffuso un documento interpretativo che riprende alcuni orientamenti emersi nel corso della riunione sul lavoro tramite piattaforma digitale.

Il tema del lavoro su piattaforma è stato inserito all’ultimo momento nell’ordine del giorno e affrontato in maniera sintetica dalla Ministra, che ha ricordato l’adesione del Governo alla direttiva sui rider dell’Ue, lasciando la parola ai tecnici per approfondimenti futuri.

I sindacati hanno espresso preoccupazione per l’assenza di un tavolo dedicato e per il rischio che l’orientamento anticipi, di fatto, il recepimento normativo senza un coinvolgimento pieno delle parti sociali.

Nel suo unico intervento, il Capo della Segreteria Tecnica ha parlato della possibilità di emanare strumenti interpretativi in merito alla qualificazione dei rapporti di lavoro, con particolare riferimento al confine tra autonomia e subordinazione, ma senza chiarire né modalità né tempistiche.

Patente a crediti, un altro nodo aperto

Durante la stessa riunione si è discusso anche della cosiddetta “patente a punti”, introdotta come strumento per migliorare la sicurezza sul lavoro. L’Inl ha fornito alcuni dati: su circa 800.000 imprese, solo 440.000 hanno completato la procedura. Sono state effettuate 20.000 ispezioni, con appena 12 provvedimenti di sospensione. Ma nessun dettaglio è stato fornito sulle motivazioni delle sanzioni né sull’efficacia reale dello strumento.

Il Ministero ha rivendicato il successo della misura, parlando di un “effetto positivo” in termini di controllo del mercato. Secondo i sindacati, invece,  c’è un evidente condizione di fragilità nel sistema di autocertificazione, la mancanza di controlli sistemici e l’assenza di un vero confronto sulle criticità emerse. Anche su questo fronte, la promessa di ulteriori tavoli è rimasta vaga.





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