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Dazi e paracadute: migliorare la competitività di aziende e Paese. Il caso dell’energia


di
Daniele Manca

Non è accettabile che le nostre aziende paghino una bolletta decisamente superiore a quella delle loro concorrenti in Europa

Un paracadute da 25 miliardi. A tanto ammonta la cifra preventivata dal governo per fare fronte a dazi e incertezze determinate dalla nuova politica economica dell’amministrazione americana guidata da Donald Trump. Il nostro Paese si ritroverà ancora una volta a gestire un’emergenza. E quella cifra può rassicurare. Posto che si arrivi a quei 25 miliardi, e c’è da augurarselo, sarebbe tempo di uscire dalla logica emergenziale. E, proprio per la rilevanza della cifra, dovremmo iniziare a considerarla un investimento. Che aiuti strutturalmente le imprese. Si pensi all’energia. Non è accettabile che le nostre aziende paghino una bolletta decisamente superiore a quella delle loro concorrenti in Europa. Secondo uno studio di Confindustria, lo scorso anno la bolletta è stata più salata del 40% rispetto alla Germania, del 70% verso la Spagna, fino all’87% in più della Francia. 

Si pensi a imprese come quelle della ceramica o all’acciaio che devono competere sui mercati esteri con aziende spagnole o tedesche. Pesano le tasse sicuramente (tra le più alte in Europa). Ma anche il mix energetico che ci vede ancora indietro sulle rinnovabili. Il 59% dell’energia era prodotta sostanzialmente grazie al gas. In Spagna il 60% viene dalle rinnovabili. Influisce anche il meccanismo di composizione del prezzo. E si dovrebbe intervenire sui costi della decarbonizzazione, soprattutto in settori come quelli della ceramica dove l’innovazione e la transizione non hanno tempi brevi. Ma il tema è riuscire a produrre energia a costi competitivi rispetto a quelli dei propri partner in un Paese dove non abbiamo fonti se non quelle legate a sole, vento e acqua. Si dibatte tanto di nucleare e va benissimo, purché si sappia in anticipo che la strada è ancora lunga e non così risolutiva. Non sarebbe un segnale da poco se parte di quei soldi servissero a orientare processi strutturali. Magari nel campo dell’energia, dalla produzione alla distribuzione, alle reti. Il tutto deve diventare un progetto nazionale. Affinché dal governo agli enti locali si percepisca la sua priorità.




















































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