Made Green in Italy, la certificazione che premia i prodotti sostenibili (e pochi conoscono)


Il Made in Italy è anche green. In pochi lo sanno (e dunque ricordiamolo proprio nella Giornata dedicata al Made in Italy), ma da un po’ nel nostro Paese esiste il Made Green in Italy, uno strumento pensato per valorizzare l’eccellenza ambientale dei prodotti italiani. In sostanza, il marchio è un riconoscimento per le imprese italiane che vogliono distinguersi sul mercato per le performance ambientali dei propri prodotti.

Si tratta di uno schema nazionale volontario, creato nell’ormai lontano 2015 e poco sponsorizzato, gestito dal Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, che consente di misurare, certificare e comunicare l’impronta ambientale di beni e servizi secondo standard europei. Cerchiamo di capire meglio del dettaglio come funziona e quali vantaggi dà alle imprese.

Cos’è il “Made Green in Italy”

Il sistema Made Green in Italy si basa sulla cosiddetta metodologia Pef-Product Environmental Footprint, definita dalla Commissione europea, e ha l’obiettivo di promuovere modelli di produzione sostenibile e trasparente, incentivando scelte d’acquisto più consapevoli da parte dei consumatori.

L’obiettivo dichiarato è promuovere modelli di sostenibilità sia nella produzione che nel consumo quindi, cercando di migliorare quanto più possibile l’essenza green dei prodotti e, in particolare, la riduzione degli impatti ambientali che questi generano durante il loro ciclo di vita.

Questo significa anche valorizzare e mettere in condivisione le buone pratiche di qualificazione ambientale e economica circolare, anche delle Pmi che popolano il tessuto economico del nostro Paese, e spingere per scelte informate e consapevoli da parte dei cittadini.

Chi può aderire

Lo schema è aperto a tutti i prodotti – beni o servizi – che, secondo le normative europee, hanno origine in Italia. Possono accedere anche prodotti realizzati con componenti estere, purché l’ultima trasformazione che abbia un senso dal punto di vista economico avvenga nel nostro Paese.

Come ha spiegato il prof. Bruno Notarnicola dell’Università di Bari in un recente convegno sul tema alla Camera, spesso, a torto, si dice che il marchio Made Green in Italy sia uno strumento complesso per le piccole imprese, invece può proprio rappresentare per le piccole aziende uno strumento per diventare più competitive. Il ruolo delle università è essenziale in questo scenario, visto che serve utilizzare dati affidabili per la misurazione dell’impronta ambientale dei prodotti e delle filiere coinvolte, dati che gli atenei possono aiutare a raccogliere e sistematizzare.

Come funziona

Lo “schema Mgi” prevede una valutazione dell’intero ciclo di vita del prodotto, dalla produzione (ad esempio sfruttandfo energie rinnovabili) alla distribuzione, e l’assegnazione di una classe di prestazione ambientale, che può essere:

  • A, superiore al benchmark di riferimento;
  • B, prossima al benchmark;
  • C, inferiore al benchmark.

I prodotti ai quali è attribuita la valutazione classe A viene riconosciuta la possibilità di utilizzare il logo del Made Green in Italy. I prodotti con valutazione B possono usare il logo ma in questo caso i loro produttori devono impegnarsi a migliorare le prestazioni ambientali. I prodotti classificati in classe C non possono invece sfruttare il logo.

I vantaggi per le imprese italiane

Grazie a questa certificazione, le imprese possono comunicare in modo credibile e trasparente le loro performance ambientali, migliorando la competitività sul mercato interno e internazionale.

A differenze delle altre varie certificazioni ambientali, questa si distingue per 3 motivi principali:

  • valorizza il Made in Italy green, dato che è l’unica che unisce le performance ambientali lungo tutta la filiera del prodotto con il valore aggiunto del know how italiano;
  • è pubblica e istituzionale, perché si basa su una metodologia europea armonizzata, ma con requisiti ambientali ancora più stringenti imposti a livello nazionale;
  • è molto rigorosa e allo stesso tempo molto sfruttabile, dato che unisce caratteristiche delle etichette ambientali di tipo 1 (accessibili solo a prodotti eccellenti) e di tipo 3 (basate su dati scientifici e verificati), secondo le norme ISO 14024 e ISO 14025.

Il caso dell’olio

Di esempi non ce ne sono moltissimi al momento, proprio perché se ne parla poco. Ma il primo prodotto food a ottenere la certificazione Mgi è stato l’olio Zucchi.

L’oleificio Zucchi di Cremona è stato tra i primissimi a seguire tutto l’iter per l’ottenimento del marchio. Il prodotto che ha conquistato il riconoscimento è l’olio evo 100% italiano sostenibile 1L, 750ml e 500ml già certificato a fronte dello standard Dtp 125 “olio extra vergine sostenibile” di Csqa.

La certificazione si sta sviluppando proprio molto nel settore agroalimentare e in quello oleario e vinicolo in particolare, come ha sottolineato il prof. Ettore Capri dell’Università Cattolica di Piacenza. Nell’ambito di questo schema si dà molta importanza al territorio di provenienza di un prodotto alimentare e alla sua tracciabilità, ma è sempre più importante valorizzare l’intera filiera produttiva, che diventa a sua volta una leva competitiva più forte per le Pmi.

Il caso del formaggio

Un altro dei casi più famosi di Made green in Italy è quello dell’Asiago, che è il primo formaggio a Denominazione d’origine protetta ad aver ottenere il bollino Mgi.

Il Consorzio Tutela Formaggio Asiago, nell’ambito del processo di miglioramento continuo che dal 2022, con l’innovativo progetto Asiago Green Edge ha coinvolto, prima volta nel settore caseario, tutta la filiera produttiva, ha puntato tutto sulla tutela dell’ambiente, il benessere animale e l’efficienza energetica.

L’adozione di pratiche produttive sostenibili ha permesso di ridurre i consumi energetici di ogni caseificio mediamente del 20% annuo e di risparmiare circa 150 MWh di energia elettrica e 100mila metri cubi di gas, con un conseguente taglio di circa 250 tonnellate di anidride carbonica, pari alle emissioni prodotte da 150 appartamenti. L’attenzione alla sostenibilità si è allargata poi anche all’allevamento, dove l’ottimizzazione nell’uso di acqua, energia elettrica e gasolio porta a ulteriori riduzioni di risorse stimate tra il 15 e il 20%.

Il caso dei tubi

Anche l’edilizia può essere certificata con il marchio Mgi. Come successo alla Centraltubi di Lunano (Provincia di Pesaro e Urbino) per tubi destinati ad applicazioni in pressione. Il prodotto in questione è un sistema di tubazioni in polietilene per il convogliamento in pressione di acqua potabile o acque reflue a norma UNI EN 12201 o per il trasporto in pressione di gas secondo norma UNI EN 1555.

I processi inclusi nelle fasi del ciclo di vita considerate riguardano le materie prime, la produzione dei tubi ed il trattamento degli scarti, il trasporto e l’installazione in cantiere del prodotto e il trasporto ed il trattamento delle tubazioni a fine vita. Dalla comparazione con il benchmark, le tubazioni Centraltubi oggetto di analisi, con un punteggio di 5,77E-02 hanno ottenuto un risultato minore rispetto alla soglia inferiore della classe B pari a 6,01E-02, per questo hanno raggiunto la classe A.





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