Ma quante sono, in realtà, le aziende disposte a valutare un’eventuale delocalizzazione negli USA? Secondo un sondaggio realizzato la scorsa settimana da Swissmechanic, l’associazione delle piccole e medie imprese (PMI) dell’industria metalmeccanica svizzera, solo una minoranza delle aziende affiliate — circa il 5%, ovvero 65 su 1.350 — ha manifestato l’intenzione di delocalizzare parte della produzione negli Stati Uniti, spiega il presidente dell’associazione, Nicola Tettamanti. E questo nonostante circa il 50% esporti verso il mercato americano, per lo più in misura limitata, spesso inferiore al 25% della produzione totale. «La stragrande maggioranza preferisce restare in Svizzera, sia per ragioni logistiche, sia per la disponibilità di competenze specializzate». Nonostante il clima di incertezza sia molto elevato, paragonabile a quello vissuto durante la pandemia o alla crisi finanziaria del 2009, emerge una chiara volontà a ragionare con una prospettiva di lungo termine, aggiunge Tettamanti. Anche perché avviare una linea produttiva all’estero può richiedere diversi anni. «Per le aziende che hanno già una presenza negli Stati Uniti, si tratta di potenziare strutture esistenti. Ben diversa, invece, è la situazione per una PMI che dovrebbe partire da zero». Sull’operazione in sé, Tettamanti non ha particolari critiche: «Non sono di principio contrario all’idea di ottimizzare costi e catene di produzione. Tuttavia, malgrado l’incertezza del momento, la stragrande maggioranza delle PMI non seguirà la tendenza dei grandi gruppi». Al netto di ciò, Tettamanti valuta positivamente l’impegno delle grandi multinazionali svizzere a investire negli USA. «Sul piano negoziale, questi investimenti contribuiscono a rafforzare la posizione del Consiglio federale durante la fase delle trattative. In definitiva, si tratta di un’opportunità che può portare benefici all’intero sistema economico svizzero, incluse le PMI». Allo stesso tempo, però, è importante che «qualcosa, in Svizzera, resti». Ancora Tettamanti: «Delocalizzare tutto e subito Oltreoceano può essere estremamente controproducente in quanto metterebbe a rischio l’intera catena del valore».
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