DAZI, L’ITALIA SIA PROTAGONISTA DI UNA RISPOSTA CORAGGIOSA


di Paolo Longobardi, Presidente onorario Unimpresa

La nuova stretta protezionista varata dagli Stati Uniti – con dazi fino al 25% su acciaio e alluminio e tra il 10% e il 20% su una lunga lista di beni europei – suona come un campanello d’allarme per l’intera economia continentale. Un colpo diretto alle esportazioni dell’Unione, in particolare di quei settori strategici come automotive, agroalimentare e manifattura che trainano la crescita e l’occupazione. Le conseguenze per l’Italia sono tutt’altro che trascurabili: il nostro export verso gli Usa vale circa 50 miliardi l’anno. A essere più esposti sono i pilastri del Made in Italy come vino, olio d’oliva e componentistica industriale. Non solo: in un quadro globale già fragile, segnato da una crisi persistente e catene di approvvigionamento stressate, l’inasprimento delle tensioni commerciali rischia di far precipitare l’intera architettura multilaterale del commercio mondiale. 

Il ritorno alla Casa Bianca di Donald Trump ha accelerato questa deriva. Il suo programma, apertamente protezionista, spinge i partner internazionali a rivedere i propri assetti. Cina e India si muovono già in direzioni di accordi alternativi. E l’Europa? Dopo mesi di attesa, Bruxelles sembra ora prendere atto del pericolo. Ma è lecito chiedersi: perché ci è voluto tanto? Se da un lato l’idea di controdazi appare inevitabile, dall’altro bisogna evitare una guerra commerciale senza vincitori. La Commissione Ue è chiamata a un delicato esercizio di equilibrio: reagire con fermezza, ma senza chiudere ogni canale di dialogo con Washington. Per l’Italia, la risposta dovrà essere duplice: proteggere le imprese colpite e, allo stesso tempo, aprirsi a nuovi mercati alternativi, puntando su innovazione e diversificazione. 

Il rischio è che gli effetti a catena viaggiano famiglie e imprese. Prezzi più alti all’importazione potrebbero spingere la riduzione oltre il +1-2% stimato nel 2025, frenando l’atteso taglio dei tassi da parte della Bce, attualmente al 2,5%. Risultato: mutui e prestiti resteranno cari – oggi siamo su una media del 3% per i mutui e del 4% per i finanziamenti alle imprese – e le banche, più caute, restringeranno ulteriormente l’accesso al credito. Il combinato disposto di tassi elevati e minore disponibilità di finanziamenti rischiando di raffreddare consumi e investimenti. Le famiglie taglieranno le spese non essenziali; le imprese potrebbero congelare assunti e piani di crescita. Si profila all’orizzonte uno scenario di stagnazione. E tutto ciò mentre la guerra in Ucraina continua ad assorbire risorse e a far lievitare i costi energetici, con il gas che, dal 2022, è aumentato del 30%. 

In questo contesto, l’Europa deve dimostrare di saper agire da attore geopolitico, non solo da mercato. Serve una strategia industriale condivisa, investimenti mirati e una politica estera capace di prevenire nuove fratture. All’Italia spetta un ruolo centrale: non come spettatore, ma come protagonista di una reazione intelligente e coraggiosa.

Ufficio Stampa Unimpresa
Latest posts by Ufficio Stampa Unimpresa (see all)



Source link

***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****

Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link

Source link