Uno strumento essenziale per famiglie e studenti come il registro elettronico si sta trasformando in un’enorme bacheca pubblicitaria che funge da sponsorizzazioni in app di qualsiasi tipo?
È questa la domanda che scuote il mondo scolastico italiano dopo che, in base a quanto riportato da un’inchiesta del quotidiano La Stampa, nel registro elettronico, piattaforma utilizzata quotidianamente per monitorare voti, assenze e compiti, sono apparsi contenuti commerciali di vario tipo.
Il caso
Secondo quanto riportato nell’inchiesta una nota app che fornisce servizi ed è una delle più usate come registro elettronico sarebbe stata invasa da contenuti di marketing poco attinenti con il mondo scolastico.
Dalla promozione di servizi di supporto psicologico e corsi di lingue fino a prestiti studenteschi e persino videogiochi, le intrusioni pubblicitarie stanno suscitando un’ondata di indignazione tra genitori, dirigenti scolastici e rappresentanti politici.
Docenti, dirigenti e genitori esprimono forte preoccupazione per l’invasione pubblicitaria in uno strumento che dovrebbe rimanere esclusivamente educativo. Molti dirigenti scolastici temono che la presenza di contenuti commerciali possa minare la credibilità della scuola pubblica, trasformandola in un luogo permeabile alle logiche di mercato.
I docenti, dal canto loro, vedono in questa deriva un ulteriore ostacolo alla centralità del processo educativo, mentre i genitori si trovano a dover difendere i propri figli da una pressione commerciale che si insinua perfino nei canali ufficiali della scuola.
Il registro elettronico si sta trasformando in una bacheca pubblicitaria?
Ciò che era nato come un semplice strumento di comunicazione tra famiglie e istituti si sta trasformando in un nuovo canale di monetizzazione. L’accesso al registro elettronico, che dovrebbe essere un servizio esclusivamente educativo, viene invece invaso da messaggi promozionali, suscitando non solo fastidio ma anche interrogativi più profondi: è accettabile che un ambiente destinato all’istruzione diventi l’ennesima opportunità di guadagno per aziende private?
L’esasperazione ha raggiunto livelli tali da provocare la reazione del Ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara, che ha definito la situazione “inaccettabile” e ha dichiarato che strumenti scolastici non dovrebbero contenere pubblicità né, tantomeno, giochi elettronici. Ma le sue parole non sono bastate a spegnere le polemiche.
Indignazione e interrogazioni parlamentari
A sollevare la questione in Parlamento è Elisabetta Piccolotti di Alleanza Verdi Sinistra, che ha parlato di una “mercificazione intollerabile” della scuola, denunciando la trasformazione del registro elettronico in un ulteriore veicolo pubblicitario. “Siamo ormai bombardati da annunci ovunque: sui social, sui media, perfino negli spazi pubblici. Ma era davvero necessario colonizzare anche il registro di classe?” ha dichiarato con fermezza.
Piccolotti ha poi annunciato un’interrogazione parlamentare rivolta al ministro per chiarire come sia stato possibile permettere un simile sfruttamento commerciale di uno strumento didattico. E non manca il riferimento a un precedente episodio: “Già in passato abbiamo chiesto chiarimenti sull’uso dell’intelligenza artificiale nelle scuole e ci siamo trovati di fronte a risposte vaghe ed evasive. Speriamo che questa volta il ministro si prenda la responsabilità di fornire risposte concrete“.
Una deriva commerciale inquietante
Questa deriva commerciale apre interrogativi inquietanti: con quale criterio si selezionano questi contenuti? Chi ne trae vantaggio economico? E soprattutto, chi garantisce che i servizi promossi siano realmente affidabili e sicuri per gli studenti? Il rischio è che famiglie già in difficoltà economica possano essere indotte a contrarre prestiti non necessari o a investire in corsi e servizi di dubbia utilità.
Ancora più grave è l’inclusione di videogiochi, che nulla hanno a che fare con l’istruzione e potrebbero addirittura distrarre gli studenti invece di supportarli nel loro percorso educativo.
Scuola pubblica o business privato?
La vicenda apre uno scenario preoccupante sul futuro dell’istruzione italiana: se uno strumento istituzionale come il registro elettronico può essere sfruttato per fini commerciali, quali altre aree dell’educazione pubblica potrebbero diventare terreno di conquista per aziende in cerca di profitto? In un contesto in cui le famiglie già affrontano difficoltà economiche crescenti, l’idea di una scuola sempre più subordinata alle logiche di mercato non può che allarmare.
L’istruzione dovrebbe essere un diritto garantito, libero da interferenze commerciali. Se il registro elettronico viene trasformato in un cartellone pubblicitario digitale, il rischio è che la scuola stessa perda la sua funzione principale: educare senza secondi fini. Il dibattito è aperto, ma una cosa è certa: il confine tra scuola e mercato si sta facendo sempre più labile, e il prezzo da pagare potrebbe essere la qualità dell’istruzione stessa.
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